Psiche

Le fasi del lutto: cosa succede dopo la perdita di una persona cara

Dott.ssa Elisa Pierotti
Dott.ssa Elisa Pierotti

Psicologa e psicoterapeuta

Con la D.ssa Elisa Pierotti analizziamo le 5 fasi comuni nell’elaborazione di un lutto e parliamo di come vanno affrontate e interpretate.
Fasi del lutto
Pubblicato il 16 Novembre 2021 | ultima modifica 20 Maggio 2022

Quando si parla elaborazione di un lutto e di fasi del lutto ci si riferisce al lavoro interiore molto delicato e profondo che è basato su una rielaborazione emotiva dei significati, dei vissuti e anche dei processi sociali legati alla perdita di una persona con cui si era sviluppato un significativo legame affettivo.

«Il processo di elaborazione del lutto – spiega la dottoressa Elisa Pierotti – prevede il superamento di cinque cosiddette fasi del lutto, momenti di passaggio che sono stati definiti dalla psichiatra svizzera Elisabeth Kubler-Ross, una delle più note esponenti degli studi contemporanei sulla morte e sul lutto».

Che cosa si intende con “fasi del lutto”?

«Con questa definizione si indicano le condizioni psicologiche e fisiche che una persona che ha subito una grande perdita si trova ad affrontare sulla strada dell’elaborazione del lutto».

Quante e quali sono le fasi del lutto?

«Le fasi del lutto sono cinque. La prima è quella della negazione, del rifiuto, la seconda è quella della rabbia, la terza è quella della negoziazione, la quarta quella della depressione e la quinta e ultima quella dell’accettazione. Possono rimescolarsi tra loro e presentarsi più volte durante il percorso di elaborazione, ma devono essere tutte “superate” per evitare che si formi uno stato di depressione cronica, caratterizzata da un’angoscia perenne da cui poi diventa molto difficile uscire senza l’aiuto concreto di un professionista della salute».

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In che cosa consiste la negazione del lutto?

«È il momento in cui tutto viene negato e rifiutato attraverso un meccanismo di difesa che fa rifiutare la realtà. In questa fase non si accetta quello che è successo e si percepisce una sorta di muro di vetro tra noi e il resto del mondo. Ci si sente intorpiditi, quasi degli automi che riescono a eseguire anche molte azioni pratiche ma sono comunque incapaci di provare dolore e sono pervase da un profondo senso di vuoto e di solitudine. Può essere più o meno lunga, molto dipende anche dalla presenza o meno di risorse interne ed esterne legate alla rete dei famigliari, al tipo di lavoro svolto e alla rete sociale cui è possibile attingere».

Perché si prova rabbia per un lutto?

«La fase della rabbia è quella in cui si realizza che la persona cara se n’è andata. C’è il ritorno alla realtà, che nella prima fase era venuto meno, e il subentro di un grandissimo carico di dolore che tende a trasformarsi in rabbia, rivolta verso sé stessi, verso le persone più vicine a noi e, a volte, anche verso la stessa persona defunta, che ci ha lasciati soli. È la fase in cui ci si chiede: “Perché è capitato proprio a me?”, una domanda che ricorre in modo ossessivo e che ovviamente non ha una risposta. Per questo scaturisce in noi un forte senso di ingiustizia che ci rende intolleranti rispetto alle persone che ci circondano. Ci innervosiscono, soprattutto, le persone che si lamentano per i piccoli problemi della vita quotidiana, gli stessi che prima preoccupavano anche noi ma che adesso ci appaiono come del tutto futili».

Cosa avviene nella fase della negoziazione?

«In questa fase si prova a reagire all’impotenza, cercando risposte a quello che è successo e trovando anche soluzioni che ci aiutano a spiegare o ad analizzare l’accaduto, soprattutto nei casi in cui il decesso della persona a noi cara è stato provocato da incidenti, fatalità o anche malattie, magari a seguito di questioni legate alla malasanità. Tutte situazioni che portano la nostra mente a indagare, a cercare spiegazioni e risposte per l’accaduto. Purtroppo non sempre le risposte ci sono, ma questa è comunque una fase positiva perché è quella in cui si riaccende un po’ la speranza e si ricomincia a riprendere, in parte, il controllo della propria vita».

La quarta fase: la depressione

«Sì, questa è una fase molto dolorosa, quella in cui ci si arrende alla situazione sia dal punto di vista razionale, sia da quello emotivo. Affiorano fortissime emozioni, tanti ricordi anche della persona scomparsa, accompagnate da sentimenti contrastanti: di dolore ma anche di sollievo, soprattutto quando la morte sopravvenuta è l’epilogo, ad esempio, di una lunga malattia. È una fase in cui si fanno sentire parecchio la stanchezza emotiva e quella fisica. Ci si ritrova a piangere di frequente, spesso nei momenti più impensati».

Quali caratteristiche la fase dell’accettazione del lutto?

«È per forza di cose l’ultima fase del percorso, quella in cui si comincia a metabolizzare la perdita. Non solo a rendersi conto che questa cosa è davvero successa, ma anche ad accettarla. Il dolore lentamente tende ad assorbirsi, il che non significa che scompaia. Molte persone ritengono che elaborare un lutto significhi non soffrire più, non provare più alcun dolore. In realtà il dolore resta, però si trasforma, non è più dilaniante come lo era nelle fasi precedenti e diventa una parte di noi con cui si impara a convivere. Questo ci consente anche di riprendere contatto con il mondo e di vivere momenti in cui la sofferenza si alterna a un po’ di piacere. Mentre nelle fasi precedenti si sopravvive, questa è la fase in cui si torna a vivere».

Si verificano tutte le fasi del lutto?

«Normalmente sì, con l’ordine che può variare a seconda della persona che le vive, della modalità in cui è avvenuto il decesso e del rapporto che c’era tra lo scomparso e il sopravvissuto. Se prendiamo 50 persone e le mettiamo in una situazione di lutto identica, ci accorgiamo che ognuno reagisce in modo differente…».

Si arriva sempre all’accettazione del lutto?

«Purtroppo no, ci sono persone che non riescono comunque ad accettare la perdita. Il percorso dell’elaborazione del lutto è lungo, gli esperti dicono che servono almeno 12/18 mesi. Se però a distanza di anni si continuano a riproporre, alternandosi, le prime quattro fasi del lutto senza che si arrivi all’accettazione, allora bisogna fare ricorso a un aiuto specialistico, se non lo si fa è difficile uscirne. Sono le situazioni che vengono definite “lutti complicati” o addirittura “lutti congelati”. Spesso, se non curate a dovere, queste condizioni possono condurre a stati di depressione cronica che richiedono, per essere curate, aiuti esterni di tipo psicoterapico e anche farmacologico».

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