Il testamento è l’atto con cui un soggetto dispone il proprio patrimonio alla sua morte, scegliendo come distribuire beni e ricchezze. Tuttavia, a volte il documento potrebbe non mettere d’accordo tutti i chiamati all’eredità e i soggetti che esercitano un interesse sul testamento. Alcuni di questi, dunque, potrebbero decidere di contestare l’atto testamentario e promuovere un giudizio davanti al Tribunale competente, citando gli altri eredi e legatari. I soggetti che possono impugnare il testamento variano a seconda delle diverse motivazioni
Il Codice Civile stabilisce che i primi soggetti ad essere tutelati con la possibilità di impugnare il testamento sono gli eredi legittimi: si tratta di coniuge e figli del defunto e, in assenza di questi, degli ascendenti del defunto, ovvero i genitori. Il testatore, infatti, ha l’obbligo di riservare agli eredi legittimi una quota determinata del proprio patrimonio.
Questa quota, chiamata solitamente “legittima”, ha come scopo quello di preservare il patrimonio familiare, attraverso la sua distribuzione ai parenti prossimi al defunto. Dunque, solamente la restante parte del patrimonio, chiamata “disponibile”, può essere destinata liberamente dal testatore anche a soggetti estranei alla propria cerchia familiare.
Oltre agli eredi legittimi, può impugnare il testamento chiunque eserciti un reale interesse nei confronti del patrimonio del defunto. Ciò significa che la contestazione dell’atto può essere effettuata non solo da altri chiamati all’eredità, ma anche da eventuali creditori. A tal proposito è stato affermato che il principio che regola l’impugnazione del testamento deve essere diretto e attuale e non potenziale e futuro: chi agisce, infatti, deve ottenere un vantaggio immediato dalla pronuncia giudiziaria.
Oltre ai soggetti interessati, il testamento può anche essere dichiarato non valido dall’Ufficio del Giudice. Ciò avviene se vengono rilevati nell’atto dei vizi e degli errori che rendono il documento nullo.
Una volta chiarito chi può impugnare il testamento, occorre specificare i diversi motivi che possono portare a questa scelta. In particolare, il testamento può essere contestato in presenza di determinati errori:
La presenza di questi errori può condurre a diverse situazioni e al compimento di differenti azioni.
Gli eredi legittimi del defunto possono impugnare il testamento nel caso in cui ritengano che sia stata lesa la quota minima che spetta loro secondo la Legge. Con l’azione di riduzione, gli eredi agiscono nel giudizio, chiedendo che venga reintegrata la quota corretta attraverso la declaratoria di inefficacia degli atti compiuti dal testatore. L’inefficacia riguarda sia le azioni compiute in vita dal testatore, come, per esempio, le donazioni, sia disposizioni contenute nel testamento.
Gli eredi che si vedono dunque corrisposta una quota legittima inferiore a quanto dovuto per Legge possono impugnare il testamento attraverso un’azione di riduzione. In questo caso si procede alla riunione fittizia, ovvero un’operazione contabile tramite cui calcolare l’effettivo patrimonio appartenuto al defunto e, dunque, l’entità della reale quota legittima.
Il calcolo della riunione fittizia viene effettuato prima valutando l’effettivo valore del patrimonio ereditario, includendo anche i beni di proprietà del defunto, e poi detraendo da tale somma l’ammontare dei debiti che egli aveva contratto in vita. Infine, si aggiungono le eventuali donazioni che il testatore ha compiuto in vita. Così facendo si può trovare l’esatto ammontare della quota disponibile e di quella legittima, ridistribuendo accuratamente i beni.
Si parla di testamento nullo quando l’atto presenta gravi vizi, non producendo così alcun effetto e risultando non valido. Per esempio, un testamento olografo è ritenuto nullo quando mancano la firma o l’autografo del testatore. Un testamento pubblico, invece, è nullo se il notaio non ha redatto per iscritto le dichiarazioni del disponente oppure non ha sottoscritto correttamente l’atto.
Un caso particolare di testamento nullo è quello del testamento reciproco: si tratta di una forma testamentaria vietata nella quale due o più persone scrivono il proprio testamento nello stesso atto e con disposizioni a favore l’uno dell’altro o a vantaggio di un terzo soggetto.
Inoltre, un testamento è considerato nullo quando si ritiene sia stato redatto da una persona costretta con la violenza. Occorre poi sottolineare che talvolta possono essere dichiarate nulle alcune disposizioni contenute nel testamento e non l’intero atto.
Contrariamente al testamento nullo, un atto può essere annullabile se presenta vizi meno gravi e produce gli effetti per cui era stato predisposto, i quali possono essere eliminati con l’azione di nullità sopra descritta. Per esempio, sono annullabili testamenti privi della data o dell’ora in cui sono stati redatti, oppure atti stilati da un minore o da un soggetto incapace di intendere e di volere. Anche in questo caso, comunque, sono annullabili le singole disposizioni contenute nel testamento se esse sono frutto di dolo, violenza o errore. Occorre poi ricordare che, contrariamente all’azione di riduzione, l’annullamento del testamento può essere richiesta da qualsiasi soggetto che eserciti un interesse verso l’atto testamentario.
Le spese per impugnare un testamento possono variare in base al tipo di causa. Generalmente, impugnare il testamento è un'operazione che prevede il pagamento del contributo unificato, ovvero della tassa che viene versata allo Stato per l’avvio del giudizio e che viene calcolata a seconda del valore della causa. Tra le spese, inoltre, rientra anche l’onorario dell’avvocato.
Il termine per impugnare un testamento può variare in base al tipo di contestazione. Di norma, la scadenza è entro 5 anni dalla data di pubblicazione del testamento o entro 10 anni nel caso di lesione agli eredi legittimi stretti come il coniuge, i figli e i genitori del defunto.
Un testamento ha effetti giuridici dal momento di pubblicazione dell’atto da parte di un notaio, dopo la morte del testatore.